L' IMPERATORE DI ROMA

02.12.2011 21:48

L'imperatore di Roma descrive in bianco e nero alcune giornate-tipo di un tossicodipendente romano di nome Gerry dedito all'accattonaggio e all'uso di droghe. Attraverso estenuanti monologhi ed interminabili camminate, il film mostra la desolante esistenza di un uomo che ha ripudiato ogni schema ed ogni convenzione per vivere come uno dei tanti gatti che abitano i vecchi ruderi della Capitale.

In una civiltà in rovina, quella della Roma non più dei baraccati ma impiegatizia, ruffiana, eppure ancor più decadente, tra periferie, prostitute e tossici, è attraversata da questo biondo personaggio (che comparirà anche nel successivo film di D’Alessandria) della quale si autodefinisce imperatore, e contemporaneamente ci conduce lungo la sua personale via crucis: il rapporto con il padre, le difficoltà affrontate per procurarsi una dose, il ricovero in un ospedale psichiatrico. Non immune da alcuni momenti un po’ pedanti (il rapporto con il padre), resta però nella memoria per lucidità e per il personaggio interpretato da Sperandini, che commuove non senza infastidire, per il degrado a cui si abbandona.

A metà strada fra il documentario e il film di finzione, però virato attraverso un’ottica espressionista che quasi miracolosamente riesce a non risultare imposta, il film di D’Alessandria è anche un miracolo indipendente perchè totalmente autoprodotto. Testimone del suo tempo, è anche, naturalmente (e a volte troppo espressamente) parabola universale, vicino per modalità di realizzazione a certi documentari del decennio precedente come “Anna”, con il quale però non condivide una certa ottica retorica di fondo. Da vedere, assolutamente, anche come ultimo baluardo di un cinema che in Italia non esiste più, e anche al di fuori del nostro paese sta quasi scomparendo, grazie ad un sistema di grandi mezzi che si sta impadronendo anche delle piccole realtà autoprodotte.
Un film che si identifica contemporanemente sia con il suo protagonista che con il suo autore.