Bertolucci riscopre gli adolescenti e punta a Cannes

03.12.2011 13:34

 La scala, le lampade imballate, il ventilatore, la cassettiera, il lettino. E tanta umidità. Eccola la cantina descritta da Niccolò Ammaniti nel racconto Io e te , da cui Bernardo Bertolucci ha tratto il suo nuovo film, pronto a maggio e in lizza per il Festival di Cannes. Il regista fa il suo ingresso sulla carrozzina, lui la chiama con una punta di ironica affettuosità «la mia sedia elettrica». È l' ultimo giorno di riprese, c' è emozione nella giovane troupe affollata da volti «bertolucciani», ragazzi coi baschi, ragazze con gonne da figlie dei fiori. «Mi sembra incredibile essere qui, solo un anno fa non avrei mai pensato di poter fare un altro film. A questa situazione un po' miracolosa per me, è subentrata l' assoluta normalità di girare ancora». Sono passati otto anni da The Dreamers . Perché, ora, questo libro? «Trovo irresistibile il momento dell' adolescenza, che raccontano così bene alcuni versi di Rimbaud, la crescita repentina, il continuo cambiamento. È un materiale umano che devi acchiappare in quel momento, sennò ti sfugge». Un film con due protagonisti. Jacopo Olmo Antinori è al suo debutto e all' incontro resta prigioniero della sua emozione. A Tea Falco, videoartista appassionata di foto, resterà la poeticità di Bernardo: «Ho imparato a vivere e a creare solo col suo sorriso». Bertolucci aveva bisogno di un quattordicenne e di una ragazza con dieci anni di più: «I miei personaggi, privi di sangue e corpo, li fondo con le persone vere che ho davanti alla macchina da presa, gli attori li scelgo per quanto posso vampirizzarli». La storia: una bugia innocente, un' idea strampalata, l' arrivo improvviso di una sconosciuta. «I miei film vanno nelle sale in modo misterioso. Stavolta abbiamo un romanzo letto da migliaia di persone. Lui finge di andare in settimana bianca e si organizza sette giorni in cantina, senza aver previsto la variabile impazzita, la sorellastra tossica». Sulla vecchia querelle su fedeltà o tradimento, «per Il conformista a Moravia dissi che per essere fedele al suo romanzo mi toccava tradirlo. Quando l' ho detto ad Ammaniti ha fatto una piccola smorfia». Doveva girare in 3D, come Wenders e Scorsese. «Poi mi sono reso conto che le riprese, il momento in cui mi diverto di più, si sarebbero rallentate e messe in pericolo. E ho girato in digitale». Mostra un minuto di girato, la scena del ballo sulle note di Space Oddity con David Bowie nella versione italiana, parole di dolore e solitudine: «In questo momento fratello e sorella si abbandonano l' uno all' altra, si accettano, si riconoscono. Si danza in quasi tutti i miei film, una specie di feticcio, con Brando e la Schneider in Ultimo tango a Parigi un pochino mi buttai. La musica ti permette di dire molto di più della conversazione». Un' unica location ricostruita accanto all' Orto Botanico nello studio dell' artista Sandro Chia, chiusa, intima, claustrofobica, anche se lui dice «claustrofiliaca». «Con L' assedio un pochino mi era già successo. In questa cantina mi trovo come un topo nel formaggio. E poi andiamo sul pratico. Io abito esattamente a 45 secondi da qui. Il futuro? Spero di ricreare un piccolo set, ancora una volta. 

 

Articolo tratto dal Corriere della Sera